Ai miei studenti
“I QUADERNI DI MASTRO QUARNETI”
ENCICLOPEDIA ARCHEOMETRICA
ARCHEOMETRÌA
L’archeometrìa (misura ciò che è antico) si occupa dello studio scientifico con analisi di laboratorio dei materiali di cui i beni di interesse storico, archeologico, artistico e architettonico sono costituiti e dei contesti naturali in cui tali beni si sono ritrovati nel tempo.
Gli studi archeometrici permettono di indagare una vasta gamma di materiali: lapidei, ceramica, vetro, metalli, materiali pittorici (compresi pigmenti, coloranti e leganti), e materiali organici. Da questi è possibile estrarre molte informazioni necessarie per una più completa lettura storica e archeologica dell’oggetto o del monumento sia nei suoi aspetti tecnologici e materiali sia in rapporto al contesto di rinvenimento, anche al fine di migliorarne la conservazione e progettarne il restauro.
L’Enciclopedia Archeometrica “I Quaderni di Mastro Quarneti” è un prezioso Vademecum per il restauro Architettonico e la Bio-architettura, che attinge e concretizza le proprie nozioni dal sapere storico-empirico che ci perviene dal più lontano passato. Quest’opera letteraria non dovrebbe mai mancare a nessuno che abbia interessi professionali (progettisti, artigiani, studenti) nella delicata opera del restauro monumentale o nello studio e progettazione dell’edilizia ‘bio compatibile ed eco-sostenibile’.
Secondo la nota versione aristotelica, l’esperienza “trae origine dalla memoria” s’intende essere l’accumulo di nozioni attinte alla realtà essenzialmente attraverso i sensi e dotate perciò, salvo il caso di percezioni ingannevoli, di sicura credibilità. L’esperire è venire in cognizione provando e riprovando e si connette con la capacità del soggetto di apprendere dal contatto con le cose, oltre che di lasciarsi guidare per agire sulle cose. Al fondo di questa riflessione, sul concetto di tradizione, rimane un lieve senso di sconcerto.
A ben guardare, sembra che non vi sia oggi più bisogno del messaggio tradizionale e che la conoscenza dei molti metodi d’analisi, che ci permettono di indagare negli intonaci e negli stucchi preindustriali con metodi scientifici, ci metta al riparo da ogni forma di errore e dalla poca o nulla conoscenza sulle antiche tecniche di preparazione dei materiali e la loro applicazione. A prima giunta sembra che i ricercatori d’oggi si trovino in una posizione di netto vantaggio rispetto agli artieri del passato, che erano d’altra parte gli unici, forse, nel mondo prescientifico, a fare ricerche pratiche sui materiali e, soprattutto, a trasmetterne le conoscenze ed i segreti come un patrimonio da tramandare per garantire alla Bottega la sopravvivenza della ‘Regola dell’Arte’.
Ci si chiede, però, se sia veramente possibile, con gli strumenti della conoscenza scientifica, sapere ogni particolare di manufatti prodotti su basi e spiegazioni radicalmente empiriche. Ciò che unisce le scienze applicate e il sapere empirico, sono le caratteristiche naturali dei materiali, la cui conoscenza è indispensabile ad entrambi, e che non sono ovviamente influenzate dalla cultura.
Supponendo che un attento studio su un lacerto d’intonaco antico possa quasi sempre restituirci i caratteri del manufatto originario, scopriamo poco o nulla suoi processi produttivi che hanno portato quella testimonianza materica sino a noi. È possibile individuare, ad esempio, la qualità dei sassi scelti per preparare la calce, spinti dalla necessità di disporre di materie prime pure; potremmo facilmente determinare se l’originaria calcinazione di calcari marnosi abbia soddisfatto la volontà dei nostri predecessori ad avere un legante idraulico; potremmo persino conoscere tutto sulla natura e la provenienza delle sabbie, ma non è possibile, allo stato attuale, stabilire - ancor per esempio - se il legante avesse un mese o un anno di invecchiamento, o se fosse stato spento con metodi ‘personali’ in modo da non lasciare parti di calce viva non perfettamente estinta. E tanto meno sapremo, indagando in qualsiasi calcinaccio che racconti della sua storia, quale conoscenza spinse il Mastro costruttore a scegliere alcune materie prime piuttosto che altre; quali furono i metodi e gli strumenti di estrazione, quali le attrezzature e le energie di trasformazione, le formule di dosaggio dei componenti, le sequenze ed i tempi operativi, le tecniche di applicazione e rifinitura, le protezioni, ecc. Tutto ciò potrebbe rimanere un segreto irrisolto per qualsiasi ricercatore da laboratorio.
C’è da ricordare che nel passato, la mancanza di spiegazioni teorico-scientifiche, unitamente ad un sistema d’apprendimento pratico-manuale, creava una mentalità dell’artigiano assai più ripetitiva; e ciò è dimostrato dai molti documenti d’archivio che ci mostrano capitolari dove la ‘Regola dell’Arte’ non lasciava assolutamente spazio ad autonomie fantasiose o personali inventamenti.
L’esistenza d’intonaci e stucchi antichi, con caratteri che non sappiamo più riprodurre con gli stessi materiali, dimostrano di fatto che molte conoscenze empiriche sono andate, ahimè, perdute, e non sono ancora state riscoperte scientificamente.
La memoria di gesti ripetuti ed il perfetto risultato, che soddisfa le aspettative, è rimasta in persone che hanno ancora visto ‘condurre il lavoro’ alla vecchia maniera, o che sono artigiani che si ostinano ancora a non abbandonare la tradizione. Tradizionale, però, non significa necessariamente che viene dal passato. Basti soffermarsi a meditare sulle affermazioni d’alcuni operatori, i quali definiscono un intonaco in malta bastarda applicato a macchina, ‘tradizionale’, mentre un intonaco di calce, applicato comediocomanda, vien detto ‘antico’.
Vorrei qui riflettere sul troppo abusato termine ‘tradizionale’. La parola ‘tradizionale’ deriva da ‘tradere’, che significa ‘tramandare’. Ma ‘tradere’, ahimè, e ‘tradire’ hanno la stessa radice.
È inevitabile, pertanto, che quando oggi vien proposta l’antica tradizione, nasce impellente la necessità di verificare ove si nasconda l’insidia.
La tradizione viene dalla manutenzione. È la continua pratica che propone reiteratamente la medesima Arte e garantisce che vi sia tradizione. Se, come è successo, vi sono stati lunghi anni di inattività delle Gilde e delle Scuole, è ovvio che non vi sia stato più nessuno cui tramandare la ‘Regola’. Dopo il salto di un’intera generazione, che non ha appreso nulla, a ricordare la tradizione non è rimasto che quel lacerto di malta nei laboratori della scienza, che tutto ci può dire sulla materia, ma nulla sull’Arte.
La presente Enciclopedia, pur soffrendo d’un carattere che si può definire ‘empirico’ (il termine, come leggesi nei dizionari della lingua italiana, si riferisce a ciò che è ‘fondato sui dati contingenti dell’esperienza, quindi, estraneo al rigore scientifico e per questo generalmente sconsigliabile’), vuole comunque essere una potente risposta alla necessità per molti giovani artigiani e architetti progettisti, di riconquistare i rudimenti e le Regole, che per duemila anni di Storia sono stati l’immutata tradizione del costruire.
Ogni antica ricetta, in questi Quaderni dell’Enciclopedia Archeometrica, sarà criticamente analizzata, indagata in ogni singolo componente; e sarà quindi riformulata tenendo conto della valutazione di compatibilità di impatto che ogni singolo preparato può avere con le istanze scientifiche e le richieste di sostenibilità nell’uso dei nuovi materiali nel cantiere storico e nell’edilizia contemporanea definita col neologismo di ‘bioarchitettura’.
Sarà essenzialmente disquisito su pietre, mattoni, terra cruda, leganti, sabbie, pozzolane, cocciopesto, additivi naturali, terre coloranti usate in passato; saranno suggerite composizioni e malte per ogni sorta d’intonaco o stucco, utili alla formulazione dell’abaco delle materie ed il loro colore.
L’obiettivo della raccolta di Quaderni di Mastro Quarneti ha come scopo la riconquista delle antiche Regole poiché i Mastri, che in essa lavorano, hanno piena consapevolezza, che la loro conoscenza e l’unico supporto culturale che metta in grado il progettista-restauratore di valutare quali siano le caratteristiche dei materiali del passato e quali le virtù che li rendono ancor oggi compatibili col progetto di restauro.
Gilberto Quarneti