Angelo Zambonini
MALTA DI CALCE E COCCIO PESTO PER PAVIMENTO - 31_ZM_1
Autore: Angelo Zambonini
Anno: 1830
Fonte: A. Zambonini, Dell'arte
di fabbricare, Bologna 1830.
MALTA DI CALCE E COCCIO PESTO PER PAVIMENTO
I terrazzi così detti alla Veneziana battuti, con cui si fanno i suoli negli appartamenti, nei loggiati, nelle chiese, ed in qualunque altro luogo si voglia, sono un composto di piccoli pezzi di marmo qualunque della grossezza non minore di un cece o fava, né maggiore di una noce [ ... ]. Di questi minuti pezzi si abbia cura di tener separati i vari colori, onde impiegarli a norma degli stabiliti disegni, e confusamente si lascino quando si voglia mostrare un misto di colori insieme. Indi si prepari buona calce, due sorta di polvere di mattoni o tegoli nuovi e di marmo, stacciata una parte alla grossezza dei miglio, e un’altra fina ed impalpabile, passata per)o staccio, o per un fino crivello.
Fatta provvisione di tali materie, appianata la volta o tassello sotto il livello del pavimento che si vuol fare, per circa 18 centimetri, si accumulino rottami di calcinaccio che si ricavano dal disfacimento delle vecchie fabbriche; e con poca calce e molt'acqua si faccia un pastone di malta magra, il quale si mescola e rimescola colla zappa o badile da muratore, sino che incorporato tutto prenda consistenza di malta dura lattiginosa. Questa si stende sul piano della volta o solaio preparato a livello, e ciò mediante il rastrello a denti di ferro, passandovi sopra di poi con un così detto rigone per appianarlo; e ciò a seconda della robustezza del tassello che lo deve sostenere: formato tale strato alto circa centimetri 12 in 15, si batte coi mazzapicchio a mano affinché si uniscano le parti, si ristringano, e si abbassi li metà circa della sua altezza; poi si pone di nuovo a livello: questo primo strato si chiama massicciata o ghiarone, il quale secondo le stagioni si lascia riposare tre o quattro giorni, acciocché si assodi; il che si conosce dalle, screpolature che si manifestano sulla sua superficie.
Assodato che sia il ghiarone, si taccheggia tutta la superficie con la penna del martello da muratore, onde prepararlo a ricevere il secondo strato detto la cerussa.
La cerussa è un impasto fatto con cemento di mattoni o tegoli nuovi, pestati alla grossezza di un piccolo nocciolo, unito a buona calce grassa e tenace, formando una malta molto maneggiata. Questa malta, così preparata, si distende sopra il primo strato di ghiarone suindicato, all’altezza circa di tre centimetri, procurando con la cazzuola quadra di mantenere il livello; si lascia far presa per circa ore 8, ed anche più a seconda della stagione o della qualità del piano sul quale si eseguisce; poi con l'arnese detto zanca si batte gagliardamente per ogni senso, riducendola circa un centimetro sotto al livello del pavimento finito, ed in tale stato si lascia riposare, e far presa altrettanto tempo.
Frattanto con la polvere di marmo, o con quella di tegoli e mattoni, con calce grassa e gagliarda più della prima, si fa una malta liquida piuttosto che dura, che si chiama stucco. Si stende e si forma il terzo ed ultimo strato, regolato colla cazzuola a giusto e perfetto livello, il quale stucco si lascia riposare perché si stringa, due o tre ore; poi con uno stilo si disegna il compartimento che si è ideato.
Fatto adunque il disegno di ciò che si vuol rappresentare, si prendono i pezzetti di marmo già preparati e si conficcano a mano nell'indicato stucco per fare i contorni delle rispettive figure che devono comparire sul pavimento; e poi fra i contorni alla rinfusa si seminano in ciascun intervallo que' pezzetti di marmo coloriti che sono destinati a tal uopo: quanto più la semina è spessa, tanto più bello e durevole riesce il pavimento.
Terminato tale lavoro se lo stucco fosse alquanto indurito, si asperge di acqua tutto il medesimo; poscia si conficca nello stucco tutta la semina marmorea, mediante un cilindro di marmo [ ... ] e quando pel carrucolare, la semina sparisce all'occhio, e lattiginosa diventa la superficie, allora e segno che la semina è abbastanza penetrata addentro. [... ] poi si rinuova per ogni dove e per ogni senso e a colpi eguali la battitura colla zanca di ferro I. Quando si sarà battuto bene il lavoro colla zanca, si lascia riposare alcuni giorni; indi verificatosi che la parte lattiginosa che sopravanza alla semina dei marmi non fosse sufficiente, vi si distende sopra una lattata di calce e polvere di marmo fina unite, o di polvere di mattoni invece di marmo se il terrazzo è ordinario: questa serve ad otturare qualche disunione della semina, rimarginandola colla cazzuola, e si lascia riposare alcuni giorni, e poi si arrota.
L'arrotatura od orsatura si fa con pietra arenaria della grandezza all'incirca di centimetri 40 in quadro, che si fissa all'estremità di un'asta di legno, lunga circa metri 2, in senso contrario alla lunghezza, e si continua per dieci o dodici giorni: poi si netta colla cazzuola dallo stucco superfluo tutto il battuto. Dopo aver riposato alcuni mesi più o meno secondo il clima e le stagioni, si ripiglia l'arrotatura a secco con una simile pietra arenaria e sabbia di mare; si ripassa colla cazzuola e collo stucco, per correggere le piccole mancanze; e dopo due o tre giorni che sarà asciutto, gli si dà l'olio per lustrarlo.
Per dargli l'olio, s'inzuppa un canovaccio nell'olio di lino purificato e si spreme tanto il detto canovaccio che resti quasi asciutto, o leggermente si passa sopra il pavimento. Si lascia così un giorno, poi si ripassa col canovaccio alquanto più inzuppato d'olio di prima, e si lascia per un altro giorno.
Finalmente si torna a ripassare con il canovaccio ancora più carico d'olio e si lascia un altro giorno; poi con segatura fina di legno stropicciando si asciuga, ed è terminato. Quante volte si voglia dare al battuto le tinte per distinguere o rilevare maggiormente li scompartimenti fatti, in allora appena terminato il lavoro si contornano i scompartimenti stessi con un crogiuolo di piombo, quindi si passa a dargli una tinta col pennello servendosi dei diversi colori, così detti a guazzo, misti colla calce buona di marmo, distribuendoli a capriccio del terrazziere, o di chi dirige il lavoro. Dopo quattro o cinque giorni si piglia della crusca di grano, mediante diversi canovacci, tanti, quanti sono i diversi colori dati al battuto si pulisce ben bene la sua superficie, quindi si abbandona al lungo riposo di sei in otto mesi, a seconda della grossezza del pavimento, e del piano su cui si trova, e così del clima e delle stagioni nelle quali è stato eseguito.
Giunto al termine di detta epoca si passa alla lustratura. Questa si effettua mediante un impasto di calce bianca, di polvere di marmo fino, e dei diversi colori a guazzo che hanno servito nel primo scompartimento del battuto. Si ripassano i vari colori sui loro corrispondenti mediante pietra arenaria, che si fa girare dalle braccia di un uomo fintanto che si è incorporato bene l'impasto nel battuto. Eseguito ciò si distende regolarmente colla cazzuola questa materia, onde con molta finezza si dilati sulla sua superficie.
Passati tre o quattro giorni vi si dà l'olio di lino crudo, unito a poco sapone stemperato nell'acqua per mezzo della bollitura; questo si stende con un canovaccio sulla sua superficie. Asciutto che sia il battuto vi si passa sopra una seconda mano d'olio mediante uno straccio di lana; in fine perché questo pigli un perfetto lucido se le dà una terza mano di olio ben bollente misto con una doppia quantità di cera, e con pari straccio di lana si confrica ben bene la ripetuta superficie del battuto, finché abbia pigliata la desiderata lustratura.
Sarà cura di chi vuol conservare bene questa specie di pavimenti di ripassarli almeno ogni due mesi con uno straccio di lana inzuppato nell'olio di lino, coll'avvertenza che questo non vi rimanga sopra a qualche grossezza, altrimenti irrancidirebbe, ed invece di avere il desiderato intento, non si farebbe che levare il lucido al battuto.