La misura come strumento di governo
Fino all’avvento degli standard internazionali, nel XX secolo, le misure erano sostanzialmente ‘locali’ e diversificate, fra loro, in base all’ambito d’applicazione. Si individuavano quindi, unità di misura per le lunghezze comunque distinte per i vari materiali da misurare, di capacità, di peso, ecc.
Tutta la storia dell’umanità è stata caratterizzata dall’alternarsi di processi di standardizzazione delle misure (generalmente in corrispondenza all’avvento di poteri forti) e di disarticolazione in una molteplicità di sistemi locali autonomi.
Bessale (8/12)
Ci fornisce un’idea della situazione un testo di geometria scritto a metà ’700:
“Il piede ha dodici pollici: questo, secondo i moderni scrittori francesi, si chiama ‘piede reale’. In Italia però lo chiamano ‘piede di once 12’; le quali per essere state dall’uso volgare in molte e molte città di essa, e ne’ loro territori sensibilmente accresciute ed alterate, così punto non accordano col dito, o pollice sopraddetti”.
Infatti, ecco alcune misure dei piedi locali in centimetri:
Bisanzio 31,12
Torino 34,20
Milano 43,50
Como 45,10
Bologna 38,00
Ferrara 40,30
Ravenna 37,80
Rimini 54,30
Venezia 34,77
Verona 34,30
Padova 35,73
Treviso 40,81
Perugia 36,60.
E per quanto riguarda la lunghezza del braccio in centimetri:
Modena 52,3
Toscana 58,4
Parma 54,5
… e il palmo maggiore?
Napoli 26,2
Sicilia 24,1
Genova 24,9
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