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L'arenaria locale: un esempio specifico

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­L’arenaria della Formazione Macigno (Oligocene superiore ­Miocene inferiore) è una roccia sedimentaria che in Lunigiana, una vallata appenninica della Toscana nord occidentale, si presenta in una successione di strati a granulometria variabile, generalmente da grossa (1­1/2 mm) a media (1/2­1/4 mm) a fine (1/4­1/16 mm), anche se quest’ultima è meno frequente. Appare massiva o laminata, in alcuni punti con strutture convolute ed amalgamazione degli strati la cui potenza varia da zona a zona e può raggiungere in alcuni casi diversi metri di spessore (4­5 m nella cava Pontia di Pognana Fivizzano, MS). L’arenaria quando è ‘fresca’ mostra una colorazione grigio-­azzurra o grigio-­acciaio che può passare a grigio-giallastra a seguito di fenomeni di alterazione abbastanza frequenti in tutto il territorio; la tessitura è clastica con abbondanti cristalli di quarzo, feldspati, frustoli carboniosi nerastri, schegge pelitiche e lamelle argentee di muscovite.

Nel settore settentrionale della Lunigiana affiora anche l’arenaria dell’Unità Gottero (Cretaceo superiore ­Paleocene) caratterizzata da potenti banchi massivi a granulometria media­grossolana alternati a strati a grana fine; questo materiale è ben riconoscibile anche ad un esame mesoscopico, per la colorazione rosa dei cristalli di k­feldspato. Facilmente reperibile negli affioramenti rocciosi sparsi nel territorio, l’arenaria è stata impiegata nel corso dei secoli sia come materiale da costruzione che per la creazione di elementi ornamentali e oggetti d’uso.

A Pontremoli e a Fivizzano, i principali poli estrattivi dove si è maggiormente sviluppata anche l’opera degli scalpellini, come in molti borghi più periferici, maestranze specializzate nella lavorazione della pietra hanno lasciato evidenti attestazioni nelle diffuse opere architettoniche, imponenti portali, architravi scolpiti ed elaborate incorniciature di finestre.

La bellezza del materiale lo ha reso idoneo anche alla realizzazione dell’arredo sacro, come testimoniano fonti battesimali, altari, tabernacoli, riccamente ornati con decorazioni non dissimili da quelle scolpite nel marmo. Per la sua durezza e resistenza, l’arenaria è stata utilizzata anche per la costruzione delle macine nei numerosi mulini e frantoi sparsi lungo i corsi d’acqua lunigianesi e di molteplici oggetti d’uso quotidiano quali le prede, i diffusi contenitori per l’olio o per l’acqua.

La possibilità di reperire facilmente materiale in lastre ne ha favorito l’impiego per la copertura dei tetti; le piagne, sapientemente disposte in una ben stratificata tessitura, costituivano fino al Novecento il manto di copertura sia delle abitazioni rurali che dei palazzi cittadini. Questa pietra era presente ovunque, dalle case alle strade, senza soluzione di continuità.

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