La Pozzolana e i Romani
L’uso della pozzolana nelle costruzioni è molto antico. I Romani fecero un largo uso della pozzolana per quelle opere che esigevano solidità e nei lavori idraulici di grande importanza, come gli acquedotti, i moli e le gittate nel mare. La calce idraulica, a giudicare dal silenzio dei trattatisti su tale argomento, era loro del tutto ignota, quanto almeno nelle sue proprietà; consapevoli che malte di calce e sabbia non fanno mai presa nell’acqua, i Romani adoperavano moltissimo la pozzolana o in alternativa i laterizi pesti. Un noto esempio di uso di malte a pozzolane è quello della costruzione delle “pilae” del porto di Pozzuoli, grossi pilastri con fondamenta a mare su cui si impostavano archi imponenti, noto come molo Caligolano. Il nome deriva dalla nota leggenda sulla predizione che Caligola sarebbe divenuto imperatore solo se riuscito ad attraversare a cavallo il golfo di Pozzuoli. Caligola allora fece costruire il molo che prese suo nome e cavalcò sulle acque verso Baia.
Vitruvio a proposito delle pozzolane ci dice: “Si trasse nei dintorni di Baia e dei campi municipi situati alle falde del Vesuvio, una generazione di polvere che produce effetti stupefacenti, mescolata con calce e con pietruzze, essa ha non solo il vantaggio di procacciare agli edifici ordinari una grande solidità, ma ha inoltre la proprietà di comporre delle murature che si induriscono nell’acqua; il gran numero di terre e di fontane cocenti, le quali denunciano un considerevole fuoco sotterraneo, cagionato dall’infiammazione dello zolfo, dall’allume o dal bitume, possono spiegare quella proprietà. Così il vapore del fuoco e della fiamma attraversando di continuo gli strati terrestri, li rende leggeri, e forma un tufo arido e senza umidità; di tal che codeste tre materie (la calce, le pietre e la pozzolana) modificate dalla violenza del fuoco, se si mescolano insieme, formano corpo se vi si aggiunge dell’acqua. La miscela acquista in poco tempo, per l’umidità che riceve, una così grande durezza, che né il movimento delle onde, né l’azione delle acque valgono a distruggerla”.