Dei forni moderni
Efficienza nella cottura - Il forno rigenerativo in equicorrente, conosciuto in Europa come forno März, è di fatto un forno verticale espressamente progettato per la cottura dolce della calce, e usualmente funziona a gas. L’impianto di cottura è fabbricato ed installato, come fossero 2 forni verticali (o anche 3) messi assieme.
La calce viene calcinata contemporaneamente nei due tini accostati e collegati assieme, ma la cottura avviene in uno alla volta. All’uscita del tino in cui avviene la cotta, i fumi caldi di sfiato passano all’interno del tino ad esso collegato.
A intervalli di 15 minuti si inverte il flusso: nel tino 2 si accende il combustibile e si spegne nel tino 1, il quale riceverà i fumi caldi del tino 2. I due tini vengono alimentati alternativamente durante la commutazione e la calce viene estratta uniformemente all’uscita dei due forni. La calce ottenuta dai forni rigenerativi in equicorrente è di altissima qualità in quanto è ottenuta a basse temperature (non supera mai i 900°C) e non contiene, pertanto, né parti sinterizzate sovraccotte, né parti non cotte.
Per “qualità” della calce si devono intendere quegli elementi che si riscontrano nella composizione chimica, la composizione granulometrica e la reattività.
La misura della reattività della calce viva (coefficiente R) dipende innanzitutto dalla temperatura di cottura, dalla durata della cottura e dalla composizione chimica del calcare calcinato. Quanto più è possibile mantenere uniforme una bassa temperatura di cottura, fino alla calcinazione completa, e tanto è più alto il tenore di CaCO3 nel calcare da calcinare, tanto maggiore è la reattività della calce viva. Il presupposto per una temperatura uniforme di cottura, è la combustione costante in tutta la massa della cotta, come anche una stretta banda granulometrica del pezzame del calcare caricato.
Grado di cottura - La calce a cottura dolce (ovvero a bassa temperatura) si differenzia da quella a cottura spinta, tra l’altro, perché possiede una superficie specifica e una porosità maggiori: è soprattutto in virtù di queste caratteristiche che la velocità di spegnimento è nettamente inferiore. Dall’esame della materia cotta si rileva che il volume di pori calce a cottura dolce è tanto grande, che la nuova fase Ca(OH)2 formatasi allo spegnimento trova spazio sufficiente. Un saggio di calce a cottura dolce spento in autoclave con vapore acqueo mantiene la sua forma esterna, nonostante sia intervenuta una completa trasformazione. Per contro, le calci ottenute a temperatura media o spinta, hanno invece uno spazio di pori assolutamente esiguo per cui il Ca(OH)2 di nuova formazione, allo spegnimento in vapore, distrugge la matrice del saggio facendolo cadere in polvere. La tendenza della calce viva a combinarsi con l’acqua, pertanto, è diversa secondo la sua temperatura di cottura. Il calore sviluppato più elevato da una calce cotta a bassa temperatura, all’atto dello spegnimento, secondo la mia opinione, è da imputarsi al fatto che la calce viva, da essa ricavata, contiene ancora quantità rilevanti di anidride carbonica (CO2).
Distribuzione granulometrica in diversi grasselli
Temperatura di cottura 900°C 1000°C 1100°C 1230°C 1400°C
Grandezza particelle in µm % % % % %
0,01 - 1 95 80 50 25 20
1 - 2 5 15 18 14 6
2 - 6 5 28 36 26
6 - 10 4 21 21
10- 20 4 25
>20 2
Spegnimento a umido - Risulta di particolare importanza il difficile controllo della temperatura dell’acqua di spegnimento. Essa deve trovarsi fra 80 e 95°C, quindi appena sotto il punto di ebollizione. In genere si prepara una pasta idrata relativamente densa, con un tenore di solido di circa 35-40%. Il corrispondente rapporto acqua: calce viva ammonta allora a circa 3:1 +- 25%. Esso dipende prevalentemente dalla reattività e dalla purezza della calce. Lo spegnimento su scala industriale risulta fondamentalmente costituito da un serbatoio in cui è incorporato un dispositivo rimestatore, in cui la calce viene introdotta da un silo con un dispositivo di alimentazione. Qui avviene lo spegnimento. L’acqua necessaria viene spruzzata da appositi ugelli.
Per l’evacuazione degli eventuali calcinaroli, ossia delle combinazioni di calcio più grossolane, costituite da CaCO3 (incotto), SiO2, Al2O3 e da insolubile (CaO sinterizzato), è previsto uno speciale dispositivo di scarico sul fondo. La polvere ed il vapore acqueo vengono eliminati tramite una cappa collettrice. Una valvola a regolazione termostatica rende possibile il mantenimento della temperatura fra 80 e 95°C .
Spegnimento a secco - Un moderno impianto di spegnimento a secco si comporta similmente ad dispositivo di spegnimento a umido. Esso risulta costituito da un silo di alimentazione e da un serbatoio di spegnimento. Un depolveratore a umido, con ventilatore, provvede ad una efficace depolverazione e una pompa d’acqua, controllata da un flussimetro, assicura un’alimentazione regolare. L’impianto è completato da un separatore della melma residua.
Con questo sistema di spegnimento, la calce in zolle
viene dapprima ridotta in un frantoio a martelli ad una granulometria inferiore
ai 15 mm.
Ad essa viene aggiunta acqua calda proveniente dal depolverizzatore, per cui
tutta la calce viene a contatto con l’acqua. Il rapporto acqua: calce è
controllata al 24 – 76% (1:3). L’eventuale acqua in eccesso, riscaldata a 90°C viene convogliata al
circuito di premiscelazione.
Per garantire un processo perfetto di spegnimento vanno mantenute le seguenti condizioni:
- La quantità d’acqua alimentata va dosata in modo tale da risultare sufficiente a convertire l’intero CaO in Ca(OH)2 e la parte d’acqua in eccesso deve evaporare pressoché senza residui.
- La parte di umidità libera, che rimane nell’idrato, non deve superare l’1%.
- L’acqua di spegnimento va alimentata all’impianto, preriscaldata; ciò lo si può ottenere sfruttando il calore disperso dall’impianto. Con il preriscaldamento dell’acqua di spegnimento a 70-90°C, la velocità del processo di spegnimento risulta significativamente aumentata.
Porosità - A seguito delle misurazioni della porosità su 52 campioni di calce viva in condizioni di cottura temperatura/tempo diverse, si sono trovati valori compresi tra 20 e 50% avendo quindi una media del 35%. Questa affermazione non è, però, del tutto esatta.
Porosità aperta naturale
Misurando la porosità di un saggio di calce viva, bisogna distinguere fra porosità totale e porosità aperta. La prima può essere calcolata dal peso specifico e dalla densità apparente. Essa comprende sia i pori aperti accessibili, come anche i pori inaccessibili, completamente chiusi.
Porosità artificiale chiusa, ottenuta con tensioattivi
La porosità aperta è stabilita con un porosimetro a pressione di mercurio, in funzione della densità apparente. Si nota, dall’indagine, che con l’aumento del grado di cottura diminuisce la porosità aperta ed il coefficiente di diffusione al vapore μ che ne consegue.
Superficie specifica - Come la porosità, anche la superficie specifica (superficie di contatto) di una calce dipende fortemente dal suo grado di cottura. A causa della grandezza ridotta dei cristalliti, nella calce a cottura dolce essa è maggiore che nella calce a cottura media e forte. La superficie specifica, che è il risultato interno dipendente dal grado di cottura, mentre è modificata all’esterno a seguito dell’opera di macinazione.
Solubilità - La solubilità dell’idrossido di calcio nell’acqua è stata spesso studiata per il fatto che essa diviene minore con l’aumento della temperatura dell’acqua medesima. Una calce spenta da poco, con un elevato tenore di parti fini, mostra una velocità di soluzione maggiore di circa il 10% rispetto all’idrato a grossi cristalli.
E’ comprovato anche l’influsso della solubilità dell’idrossido di calcio da parte di alcuni sali:
il cloruro di calcio aumenta la solubilità con l’aumento della concentrazione fino al 30%;
il nitrato di calcio migliora la solubilità sino a circa il valore doppio rispetto all’acqua pura;
con il solfato di calcio, invece, la solubilità diminuisce. Nota che i primi due sali sono igroscopici, e il terzo non lo è.
Plasticità e lavorabilità - La plasticità di una pasta di calce (grassello) è un parametro che interessa la lavorabilità delle malte (reologia), cosa importante nelle applicazioni in cantiere.
Come misura della plasticità si ricorre a volte alla capacità di ritenzione dell’acqua in una malta o al volume di sedimentazione del grassello.
Le caratteristiche plastiche dei grasselli di idrato di calcio dipendono da numerose grandezze d’influsso, che a loro volta sono tra loro interconnesse. Particolare importanza spetta alle condizioni di spegnimento, perché esse determinano in larga misura la grandezza e la forma delle particelle di idrato.
Abbiamo constatato, inoltre, che, al fine d’ottenere una migliore plasticità, la calce viva granulare andrebbe spenta a temperature relativamente basse. Questa particolarità è tale da poter accettare calci vive cotte ad una temperatura relativamente più alta (1100°C).
Rendimento - Il rendimento è definito come il volume di grassello ottenibile dopo lo spegnimento di una determinata quantità in peso di una calce viva con l’eccesso minimo da acqua possibile.
Ecco i parametri che ne determinano la differenza.
Alto rendimento
1. Temperatura di cottura fino a 1100 °C
2. Con calci con tenore basso – medio di impurità
3. Elevata porosità
4. Piccoli cristalliti di CaO
5. Calce fina
Basso rendimento
1. Temperatura di cottura oltre i 1100 °C
2. Con calci con tenore medio – alto di impurità
3. Bassa porosità
4. Grossi cristalliti di CaO
Calce in zolle
Comportamento contro le acque aggressive - La stabilità degli aggregati carbonatici alle acque
aggressive è stata molto discussa ed il problema diffusamente indagato in
laboratorio.
In presenza di acidi nell’acqua l’aggregato
carbonatico sembra inidoneo e vulnerabile. In caso di attacco da parte di acido
solforico e di anidride carbonica si consigliano altri tipi di inerti. Si è
notato che nell’acqua corrente acida, l’inerte si decomponga più rapidamente
che altri inerti insolubili ad alto tenore di quarzo, con i quali, peraltro, si
ottengono resistenze maggiori.