La pozzolana: la storia
In natura però esistono materiali (pozzolane, Santorino, trass, gaize) i quali contengono silice e allumina nelle stesse condizioni nelle quali esse si vengono a trovare nei calcari marnosi dopo la cottura, per cui questi prodotti naturali, quando vengono mescolati ed impastati con idrossido di calcio, costituiscono delle malte idrauliche.
L’impiego di questi materiali naturali, risale alle epoche più remote; è assodato infatti, che la terra vulcanica nell’isola di Santorino fosse già usata VII secolo a.C. per rendere resistenti all’acqua le malte di calce destinate a rivestimenti di cisterne; anche gli Etruschi già conoscevano le proprietà di simili terre, che essi usavano per costruzioni subacquee.
Questi materiali assunsero però uno sviluppo notevole nelle strutture marine soltanto in epoca successiva per opera dei Romani, i quali consolidarono tale tecnica con la ripetuta pratica della preparazione delle malte idrauliche, ed il diffuso impiego delle pozzolane nell’area napoletana e nelle zone vulcaniche laziali. E’ proprio dalla località in cui erano situate le prime cave sfruttate dai Romani, nelle vicinanze di Pozzuoli, che deriva l’antico nome “pulvis puteolanus”, e da ciò la denominazione italiana di “pozzolana”.
Antica cava di pozzolana sulle pendici del Vesuvio, Napoli
Vitruvio, nel suo aureo “De Architectura”, dà notizia dei giacimenti di pozzolana di Napoli, situata “nei dintorni di Baja e nei dintorni de’ municipi che sono al Vesuvio” e descrive le proprietà idrauliche conferite da questi materiali alle malte, nelle quali essi entrano in miscela con calce e pietrisco: “mescolata a calce e pietra fa gagliarda non solo ogni specie di costruzione, ma particolarmente quelle che si fanno in mare, divengono per esse solide sostanze”.
Villa Adriana a Roma
Nella stessa opera, al Cap. XII del libro V, Vitruvio accenna ancora alle pozzolane flegree, che si trovano “da Cuma al Tempio di Minerva”, indicando le proporzioni da usarsi tra pozzolana e calce: proporzioni che fissa in tre parti di pozzolana ed una di calce, che è il rapporto usato ancor oggi. Dà infine indicazioni sul modo di preparare la miscela tra malte e pietrisco per formare il calcestruzzo, il quale era costituito da grossi pezzi di pietra immersi nella malta pozzolanica.
I resti di numerose opere subacquee di grande mole sono giunti fino a noi a testimoniarci il grado veramente elevato raggiunto dalla tecnica costruttiva romana; possiamo citare tra quelle più importanti i ponti Fabricio, Elio, Milvo ed i lavori portuali di Ostia; il molo di Traiano a Civitavecchia ed il porto di Nerone ad Anzio, che dopo circa venti secoli di immersione in acque fluviali e marine, conservano ancora un’ottima resistenza meccanica.
Queste malte idrauliche, a base di pozzolane e consimili, furono le sole impiegate fino alla fine del secolo XVIII ed il principio del XIX, e nonostante il rapido sviluppo odierno della produzione dei moderni cementi, conservano ancor oggi tutto il loro valore e la loro stupefacente forza, specialmente nelle costruzioni marine.
Consulta la Biblioteca Storica dell’Accademia: Giorgio Vasari [8_VS_1]