Il tampone estrattore dei sali
Qualora fosse progettato di bloccare o abbassare il flusso di risalita dell’umidità, si deve preventivare che l’acqua che ancora ristagna nella muratura sarà ventilata e prosciugata secondo i criteri già conosciuti.
Abbiamo imparato, dallo sperimentatore Kettenacker, che l’evaporazione dell’acqua, contenuta nella massa muraria, è tanto più facilitata quanto più le pareti sono esposte al sole e all'aria in movimento: tanto più alta la temperatura e velocità dell’aria, quanto più veloce sarà il processo di evaporazione. Il tempo di asciugatura, come abbiamo già visto, dipende poi dalla qualità della muratura e dal suo spessore.
Ben si comprende che i sali confinati sotto il taglio, praticato alla fondazione, rimangono in soluzione e rappresentano un’insidia marginale. Ma cosa succede ai sali che si trovano in soluzione nella massa muraria sopra al taglio?
L’acqua, migrando verso la superficie esterna, porta con se anche i sali in soluzione. Quando i sali sono prossimi alla superficie dei manufatti, cristallizzano aumentando di molte volte il loro volume. Tale fenomeno e causa della indistinta distruzione degli strati murali superficiali come pietre, mattoni o intonaci. Questo fenomeno di sgretolamento e ritardato nel tempo in funzione di quei parametri espressi dal Kettenacker, nel momento più inaspettato.
Si comprende allora che l’operazione di bloccaggio del flusso di risalita dell’umidità, dev’essere necessariamente seguito immediatamente da un intervento mirato ad estrarre i sali contenuti nella massa sopra il taglio. Ciò deve avvenire quando il muro e ancora bagnato e comunque prima che il prosciugamento della struttura sotto controllo si sia asciugata, mostrando quelle indesiderate efflorescenze in superficie.
All’uopo si ricorre ad un dispositivo di grande efficacia: il Tampone Antisale.
Tampone estrattore dei sali (dettaglio)
Si tratta di un composto in polvere, macroporoso, ad altissima superficie specifica, il quale pur essendo definito una malta, non contiene alcun legante che lo possa lapidificare.
Si tratta di argilla cruda (attapulgite) e silicati di alluminio idrati espansi (Perlite), posti in mistione con egual peso.
Il peso del composto mescolato con acqua ed essiccato, e cosi caratterizzato:
peso del “tampone” in polvere: 300 kg/m3
acqua d’impasto: 60%
peso materiale essiccato: 320 kg/m3
spessore raccomandato: 5 cm ca.
pH: 8
- La staggiatura è sconsigliata
- Non si aggiunga al “tampone” alcun legante!
Sistema applicativo
1. Bagnare a rifiuto la superficie del muro da trattare.
2. Preparare “il tampone” aggiungendo il 60% d’acqua del peso della polvere.
3. Mescolare fino ad ottenere un impasto ben idratato e cremoso.
4. Si applichi la malta manualmente a cazzuola, oppure mediante l’utilizzo di specifica macchina intonacatrice, in più passate fino al raggiungimento dello spessore di 5-8 centimetri.
Si attenda la totale essiccazione della malta-tampone, in seguito a ciò, essa verrà facilmente separata dalla superficie muraria mediante l’uso di un comune raschietto.
Il tampone, essendo privo di legante, non lascerà sul muro alcuna traccia della malta appena rimossa. Questo, pertanto, cadrà portando con se tutti i sali migrati in esso.
Una seconda applicazione, quando necessaria, condurrà il muro a contenere una quantità di sali con livelli di concentrazione (usualmente) accettabili.
Un’ulteriore indagine sulla presenza di sali solubili, mediante cromatografia ionica e la determinazione del contenuto d’acqua nei campioni drenati, attesterà il successo dell’opera di prosciugamento e desalinizzazione delle strutture in esame.
Si fa infine notare che, a nulla serve estrarre i sali con delle tamponature, se non si è proceduto al taglio fisico (o chimico) delle murature. L’estrazione forzata di acqua e sali dalle strutture murarie “aperte” in fondazione ha la proprietà di richiamare altra acqua ed altri sali dal terreno, vanificando l’opera di risanamento delle mura, con inutile dispendio di tempo e di denaro.
Gli effetti devastanti causati dall’umidità di risalita
Efflorescenze saline che cristallizzano in superficie
I mattoni più vulnerabili sono gli “albasi” poco cotti.