Vernici “ogliose” all’olio di lino cotto
Le vernici usate in passato, per la verniciatura delle strutture lignee e della ferramenta, altro non sono che l’estensione culturale minore dell’uso delle più sofisticate vernici “ogliose” destinate al trattamento di legni e metalli di pregiata qualità.
La maggior parte delle ricette conosciute, per le vernici “ogliose", sono riconducibili a due categorie: quella dei composti oleosi e quella delle vernici che gli artigiani contemporanei utilizzano per decorare gli oggetti d'arredo lignei policromi.
E’ interessante notare che gli usi delle vernici "ogliose", coincidono per lo più con le pratiche artigianali connesse con la produzione delle cineserie e l'imitazione dell'oggettistica orientale.
Di questa vernice, detta anche "vernice d'ambra", si precisa ad esempio che "si stende sopra il fondo fatto nero col nero di fumo, e colla, ed è quindi adatta per completare oggetti in legno con un'imitazione della laccatura nera orientale".
Un’altra vernice, che si ritiene "quasi simile" a quella precedente, è una vernice per imitare una laccatura nera in quanto è ad olio di lino e contiene, insieme all'ambra gialla, un colorante nero come il bitume. Un'imitazione della laccatura nera orientale si ottiene anche con la vernice, ad acquaragia e senz'olio, realizzata con lo spalto fuso a fuoco lento nell'acquaragia, e data calda a pennello su manufatti in legno preparati a gesso e colla e tinti, prima della verniciatura nera lucida, col nerofumo legato a colla.
Tali vernici erano destinate non a dipinti, ma ad arredi lignei policromi, infatti molti esempi nei ricettari riferiscono a vernici, adatte "per coprire cose colorite", essendo queste composte da una parte di sandracca legata con due parti di olio di lino e da un poco di mastice, che conferivano agli oggetti verniciati una colorazione giallognola e una certa corposità.
Una variante a questa vernice è una composizione chiamata "mastice persiana". Trattasi di un composto fatto con sandracca e olio di lino, che "si mescola con li colori, ridotti in polvere" per realizzare delle spesse laccature colorate, in quanto la miscela fra vernice e pigmento non si usa liquidissima ma deve essere ridotta "alla densità del miele".
Di queste vernici "ogliose" ecco qui di seguito alcune ricette secentesche.
Una variante comune
"Piglia oglio di
seme di lino, e fallo distillare à lambicco di vetro, poi piglia vernice
d'ambra che sia bella onc. 3. & il detto oglio onc. 1. & incorporali
bene insieme con lento fuoco, poi adopralo caldo a modo di vernice, & ti
riuscirà bene in legno, in tela, à guazzo, & in ogni opera, e lavora con
destrezza".
Un caso rappresentato da una ricetta della seconda metà dei Seicento:
“Piglia oglio d'abezzo once 1. metti a scaldare à foco lento, poi piglia aqua di rasa onze 2 e va pian piano agiongendo il d<etto> olio a suso il foco, e finito che sia d'infondervi l'aqua [ragia] leva dal foco e si dà fredda” .
Di quest'ultima vernice composta di olio d'abezzo, olio essenziale di lavanda o petrolio, esiste nel Settecento anche una variante "ogliosa":
“Per far la vernice da dar sopra le piture. R. olio d'abezzo et un pignatino in cui ponerai un 3° d'olio coto ò secativo e fa bolire unito à fuoco lento che quando sera fata farà un filo lungo."
Una variante di questa ricetta presente in manoscritti settecenteschi propone di sostituire l'acquaragia con la trementina (che potrebbe intendersi come essenza di trementina):
“Vernice molto bianca e chiara. Mastice, trementina, oglio d'abezzo: si fa cuocer come le altre vernici. Quando è fatta e rafredata si chiarifica mescolandovi dentro della biacca dimenando bene, e a misura, che si lascia riposare la biacca depone nel fondo, e lascia chiara la vernice”.
Semi di lino
Sull’olio di lino
cotto
L'olio di lino, per accelerarne ed aumentarne il potere
essiccativo, e sottoposto ad una ossidazione che si ottiene riscaldandolo ed
aggiungendovi qualche sostanza ossidante; ma l'olio deve essere di qualità
ottima.
L'olio é cotto ad una temperatura che varia fra i 160°C e i 310°C a fuoco nudo o col
vapore, e la durata varia da 3 a
10 ore. Il calo varia dal 3 al 16 % circa.
La sostanza ossidante e un ossido metallico, minerale od organico, come
litargirio, minio, bariti di piombo, di zinco, di manganese, ecc.
Qualora si impieghino oleati di piombo, manganese, cobalto, il loro impiego
varia dall'1 al 3 % sul peso dell'olio.
L'olio di lino, cotto con un seccativo, forma un resinato che si impiega per
rendere seccativi gli oli e le vernici e sono in commercio come Essiccativi o
Seccativi, che possono essere solidi, preparati a base di colofonia, o liquidi.
Questi ultimi si preparano scaldando olio di lino, di soia, od altro, con
litargirio o con composti di manganese e con una resina e diluiti con un
solvente.
Diamo le formule di qualcuna di queste composizioni:
1) Olio di lino cotto parti 15
Litargirio parti 7
Minio parti 7
Colofonia parti 6
Essenza di trementina parti 65
2) Olio di lino cotto parti 15
Litargirio parti 7
Minio parti 7
Colofonia parti 6
Essenza di trementina parti 65
3) Olio di lino cotto parti 30,1
Borato di manganese parti 8,3
Acetato di piombo parti 6,3
Essenza di trementina parti 55,3
4) Colofonia parti 30
Resina di palma parti 30
Calce parti 3
Oleato di manganese parti 4
Olio di soia parti 15
Solvente parti 15
Consulta la Biblioteca Storica dell’Accademia: Filippo Baldinucci [18_BD_1]