Formulazione delle tinte
Per avviarci ad una miglior comprensione di come si vogliano preparare le tinte del nostro ipotetico Piano del Colore, si sono voluti trattare, in questa sezione del quaderno, vari esempi pratici di come gli operatori dovrebbero condurre la procedura di formulazione delle tinte proposte nell'Abaco delle Tinte Locali.
L'Ufficio Tecnico della nostra città, dopo lo studio ed il rilevamento del quadro cromatico locale, ha definito ufficialmente quale debba essere la tavolozza dei colori storici ai quali il Piano fa riferimento.
Dei colori scelti se ne potranno ammirare i campioni su superfici murarie in luogo accessibile di proprietà del Comune e di ogni singolo colore sarà resa disponibile la relativa specifica "ricetta" per la riproduzione.
Nella Tavola I, qui sotto mostrata, vengono proposte 32 formulazioni indicative di base le quali composizioni prevedono l'uso di 7 terre. Ogni specifico Piano del Colore potrà definire la propria tabella usando le terre (o gli ossidi) con le variazioni cromatiche che più richiamano alla tradizione locale. Nell'esempio dimostrato in questo manuale vengono usate le terre coloranti più comuni e più facilmente reperibili sul mercato:
1. Bianco di Titanio,
2. Giallo di Siena,
3. Rosso di Sinope o Rosso di Pozzuoli,
4. Verde Cromo,
5. Bruno Terra d'Ombra Bruciata,
6. Bleu Oltremare,
7. Nero Terra Ombra.
Si noti che il colore Bruno (Terra d'ombra bruciata) altro non è che la preventiva mescolanza, a Bottega, dei tre colori Rosso, Giallo e Nero terra d'ombra: la sua presenza nelle formulazioni serve talvolta a facilitare l'opera dell'operatore addetto al riproponimento di alcune tinte. Si noti altresì la presenza del Bleu Oltremare (Ftalocianina) che è un colore organico e pertanto dev'essere usato con parsimonia e soltanto se strettamente richiesto.
La presenza del Bianco non deve confondere il formulatore: esso, come vedremo più avanti, dev’essere inteso come un correttore del bianco della calce, nonché come un mezzo per ottenere particolari effetti di coprenza e brillantezza dei colori. Le gradazioni più chiare o più scure delle tinte scalari si ottengono invece variando il rapporto fra materia bianca (calce e color Bianco assieme) e pigmento; o più semplicemente variando il rapporto fra Bianco di saturazione e la mestica di colori che compongono il pigmento.
A tal proposito i compositori di tinte vanno avvertiti d'una singolare bizzarria che la calce produce. Che la calce sia più bianca del bianco, che più bianca non si può, è un convincimento partorito da un tormento televisivo più che da una realtà oggettiva.
Sembrerà incredibile, ma i più consumati dipintori sanno per esperienza, che a cambiar calce, cambiano anche i colori che ad essa s'aggiungono. Ciò è dovuto al fatto che, benché la calce sia pura e selezionata, le poche impurità in essa contenute tingono in qualche modo i colori ad essa mescolati, fino a far virare, talvolta anche significativamente, il tono della tinta finale: e ciò maggiormente nelle tinte tenui.
Onde scongiurare questo spiacevole inconveniente, il decoratore cosciente dovrà, sempre ed in ogni caso, preoccuparsi di saturare col Bianco la mestica di colore che andrà ad aggiungere alla calce.
Quando la calce è satura di colore, siamo ben sicuri che questa, pur "sporca" che sia, non potrà mai modificare il tono cromatico della tinta preparata. E ciò è quanto mai importante nei casi in cui siamo chiamati ad eseguire dei ritocchi.
Le ricette di base, prese in esame in questo quaderno, per questioni di spazio, sono solo 32, e sono un esiguo esempio del risultato della selezione eseguita su molte centinaia di prelievi ed analisi eseguite in tutt' Italia.
Le 32 tinte scelte (7 tinte di pietra locale, 22 tinte di fondo e 3 velature), riprodotte come campionatura, che sono le più comuni e le più frequentemente ritrovate, non vogliono certo essere un'imposizione formale per i Tecnici progettisti che si apprestano a creare il proprio Piano del Colore, ma soltanto un punto di partenza da cui iniziare a lavorare in piena autonomia. Più che il prodotto finito, è il metodo che qui ci interessa.
Nella TAV. I sono esposte 32 campionature delle tinte a calce più frequentemente ritrovate su lacerti di intonaci colorati prelevati da superfici esterne di edifici ottocenteschi.
Nella successiva TAV. II, ogni ricetta, numerata da 01 a 32, mostra l'analisi compositiva dei singoli colori da mescolarsi in percentuale, al fine di riprodurre le 32 mestiche di base dalle quali vengono riproposte, una per ogni formula, le 32 tinte del nostro Piano del Colore.
Resta inteso che le tinte nella tabella I, riservate alle pietre degli aggetti, possono essere benissimo scelte per il tinteggio delle campiture maestre, e per contro, quelle che vengono definite tinte maestre possono servire al tinteggio degli aggetti, qualora il Piano lo richiedesse.
Per una questione meramente didattica, delle 32 campionature vengono qui esposte le composizioni approssimative dei colori di base (TAV. II). E’ chiaro, comunque, che i provini dipinti su carta e stampati su un quaderno o mostrati sullo schermo di un computer, non rendono mai giustizia al reale valore cromatico del colore.
Tav.1
Tav. 2
E' ovvio che per ogni colore di base, ognuno potrà ricavare, a piacimento, un vastissimo numero di scalari, modificando anche impercettibilmente la quantità di colore di base da aggiungere alla calce.
Nelle tabelle applicate in questo quaderno, per ottenere 1 chilogrammo di grassello colorato, dovremo aggiungere in esso l’insieme dei singoli colori di base che determinano il 100% della tinta. Alla mestica della tinta è aggiunta una certa quantità di Bianco di Titanio, che ha la funzione di saturante.
Nell’elenco di Tav.II il bianco di saturazione è già compreso nel peso della calce.
Possiamo eseguire l'operazione di saturazione con del Bianco di Titanio, che oggi sostituisce in modo egregio ciò che in passato erano il Bianco di Meudon, il Bianco di Spagna, il Bianco di Champagne o l'impalpabile polvere del Bianco di Carbonato crudo.
La saturazione dei colori con il Bianco, è una pratica assolutamente generalizzata, che dovrebbe essere presa in considerazione solo nel caso in cui gli operatori‑compositori si dovessero trovare nella posizione di dover cambiare, obbligatoriamente e frequentemente, il tipo di calce da impiegarsi per la preparazione delle tinte.
E' ovvio, che se la calce ha sempre la stessa origine e sempre lo stesso grado di biancore, non vi è ragione di essere così severi nel voler necessariamente saturare i colori: una volta trovata la giusta formula della mestica di base, se il biancore della calce non varia ed il rapporto fra colore e calce è scrupolosamente sempre il medesimo, non varierà neanche il tono delle tinte finali.
Il Quirinale di anni fa, color “Pelle di leone”
Per sperimentare il metodo per la preparazione delle mestiche, si faccia una prova col Bruno nr. 15 (detto “Pelle di leone”), e si producano alcune tinte scalari, che abbiano almeno una differenza di mezzo grado tra l'una e l'altra, senza l'ausilio del Bianco di saturazione. Riprovate poi a riprodurre le medesime tinte, aiutandovi col Bianco di saturazione, nel modo in cui s'è detto più sopra.
Fate una prova di tinteggiatura "a due mani" su una parete non soleggiata: prendete la debita distanza, ed osservate la differenza. Vedrete i primi tinteggi, senza Bianco di saturazione, più velati e più trasparenti; i secondi, per contro, saranno più brillanti e più coprenti.
Fate la scelta che più si richiama alla vostra cultura ed al vostro senso estetico.
COME
PREPARARE LE TINTE
Si mescoli, in un recipiente
pulito, terra colorata unita a poca acqua. Si usi un vasetto di vetro per ogni
terra prescelta. L'acqua aggiunta alla terra generalmente dev'essere di
quantità tale da pareggiare il peso della terra stessa, e comunque in quantità
sufficiente da rendere la mescola risultante della consistenza di una crema
fluida che al travaso dia segno di filare. Il rimestare dovrà essere vivace ed
accurato, affinché nel colore non ristagnino grumi di terra non perfettamente
stemperati.
Ci si munisca di un bilancino dalla lettura attendibile e, in un recipiente del quale si sia fatta la tara, si travasi ogni singolo colore nella misura dettata dalla ricetta prescelta.
Si rimesti il tutto con diligenza, in modo da non lasciare striature nell'impasto e alla fine si otterrà il Colore di Base voluto.
Si veda ad esempio il colore Giallo di base nr. 15.
Esso è così composto:
24,80 parti di Bianco di Titanio;
69,40 parti di Giallo di Siena naturale;
1,20 parti di Rosso di Pozzuoli;
4,60 parti di Nero Terra Ombra.
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100 parti di Colore di Base 15 “Pelle di leone”
Quelle che si dicono "parti" potrebbero essere "grammi" e, se così fosse, avremmo in tal modo preparata una crema di Colore di Base del peso di un etto. E come già detto precedentemente, il rapporto con la quantità di grassello di calce, per ottenere la tinta numero 15, è fisso: 42 grammi di colore di base per 1000 grammi di buon grassello di calce.
La scelta del rapporto è imposto dal fatto che il 4,2% è inteso essere il limite di saturazione: al di là di questo valore l’ulteriore pigmentazione, con la qualità di terre da noi impiegate per la formulazione dell’Abaco delle tinte locali, non causa alcun effetto.
GLI SCALARI DELLE TINTE
Generalmente, come l'esperienza ci
insegna, la campagna d'indagine sui colori storici della città viene conclusa
evidenziando non più di 25 tinte comprendenti quelle che caratterizzano il
colore delle pietre ed i colori delle campiture di facciata: e non sempre, poi,
25 tinte corrispondono a 25 colori base.
Usualmente, l'insieme delle tinte che formano l'Abaco sono il risultato ottenuto dall'uso di alcuni Colori di Base diluiti nella calce, con differenti rapporti fra composto pigmentante ed il Bianco di saturazione, in modo da ottenere toni scalari originati dallo stesso colore di base, che allargano di molto la gamma delle tinte locali.
Per Colore o Tinta di Base si intende, in questo quaderno, una delle 32 combinazioni di colore, da noi selezionate, che non hanno ancora subito il trattamento di mescolazione con il grassello di calce.
Per Tono scalare si intende l'effetto cromatico più scuro o più chiaro di una stessa tinta, ottenuto variando in più o in meno la quantità di colore da mescolarsi col Bianco prescelto nella formulazione. Se non usassimo un Bianco di saturazione, i toni scalari di una stessa tinta non potrebbero esprimersi in una gamma infinita: di fatto, se da un lato il decrescere della quantità di colore di base porta ad un impallidimento della tintura sino a farle perdere ogni connotazione cromatica, dall'altro, l'aumentata quantità di colore, nella calce, ci porta inevitabilmente ad un punto di saturazione del tono.
Un esempio di scalare: nel precedente esempio di formulazione del Bruno 15, si noti che nel 100% di colore di base il 75,20% è la parte pigmentante e 24,80% è la percentuale di Bianco di saturazione.
Se volessimo preparare uno scalare di tono più chiaro, della medesima tinta, dovremmo sottrarre materia alla percentuale pigmentante, riducendola di 10 punti – per esempio – ed aumentando di 10 punti il Bianco di saturazione.
Colore 15 Bianco 24,80% + Pigmento 75,20; 100%
Scalare 1 Bianco 34,80% + Pigmento 65,20; 100%
Scalare 2 Bianco 44,80% + Pigmento 55,20; 100%
Scalare 3 Bianco 54,80% + Pigmento 45,20; 100%
Per Tono saturo si intende quel tono di tinta oltre il quale l'aumento della frazione di colore di base, mescolata alla calce, come già accennato, non può dare più alcuna variazione cromatica.
Il punto di saturazione delle composizioni, formulate con grassello di calce, varia col variare della natura delle terre usate per la preparazione dei colori: in generale si può affermare, che – nei nostri esempi - usando pigmenti inorganici, tale punto di saturazione si raggiunga attorno al 4,2%. Oltre questo limite non solo non varia il tono, ma si riscontra pure un fenomeno di dissociazione fra terre colorate e calce (spolvero), che può compromettere la stabilità delle tinte sulle facciate, a meno che non si voglia intervenire con massicce dosi di additivi leganti (vedi Quaderno 7, Capo I, Temperanti della pittura a calce).
Fate
attenzione
Vanno avvertiti gli operatori
chiamati per la tinteggiatura, che gli intonaci (o tonachini), trattati con
composti idrorepellenti (e pertanto poco assorbenti), una volta tinteggiati, ed
asciutti, mostrano toni cromatici più chiari della medesima tinta posta su un
adiacente fondo assorbente. Ciò accade spesso quando si applicano due tipi
diversi di intonaco: uno idrorepellente per la zoccolatura, ed uno comune per
la facciata maestra sovrastante. Si consiglia, in questi casi, di normalizzare
l’intera facciata con un tonachino comune, o usare un omogeneizzatore di
assorbenza, su tutta la superficie, prima di principiare il lavoro.